La busiata, pasta tipica della provincia di Trapani, entra ufficialmente nel vocabolario Zingarelli. Il termine compare nell’ultima edizione del dizionario della lingua italiana, segnando un riconoscimento importante per la gastronomia siciliana e per una tradizione culinaria che continua a raccontare il territorio della Sicilia Occidentale.
Il nome “busiata” deriva da buso, termine dialettale che indica il fusto della pianta “Ampelodesmos” (detta “disa”) o anche dal ferro da maglia. Ancora oggi questi strumenti vengono usati per arrotolare a mano i fili di pasta, creando la tipica forma elicoidale anche se la grande produzione, per ovvi motivi, usa metodi meccanici, ma il valore artigianale e simbolico resta intatto.
La busiata è la base di numerose ricette della tradizione trapanese, a partire dal celebre pesto alla trapanese, un condimento fresco a base di pomodoro, mandorle, aglio, basilico e olio extravergine d’oliva. È la versione siciliana del pesto genovese, nata dall’incontro tra marinai liguri e trapanesi. Le navi genovesi, infatti, facevano tappa nel porto di Trapani, prima di dirigersi verso destinazioni orientali.

Un’altra preparazione molto diffusa è la busiata con pesce spada e melanzane, tipica dei ristoranti costieri. Qui il sapore deciso del pesce si unisce alla dolcezza delle melanzane fritte e alla freschezza del pomodoro, creando un piatto equilibrato e ricco

Nelle zone interne, la busiata si accompagna spesso a sughi più rustici, come il ragù di maiale nero dei Nebrodi, o a condimenti di terra, con pistacchi, mandorle e finocchietto selvatico. In estate, si trovano anche versioni più leggere, come la busiata con gamberi rossi di Mazara e granella di pistacchio, che unisce ingredienti d’eccellenza in un piatto semplice ma raffinato.

Ogni ricetta mantiene il legame con la storia contadina della Sicilia, dove la pasta veniva “tirata” a mano nelle case e condivisa nei giorni di festa. Oggi la busiata è protagonista anche fuori dall’isola: servita in ristoranti italiani e internazionali, è stata proposta a capi di Stato, sportivi e personaggi illustri. Lo scorso febbraio, è arrivata perfino sulla tavola della Casa reale britannica, un esempio di come la cucina povera possa trasformarsi in eccellenza riconosciuta nel mondo.
L’ingresso della parola “busiata” nello Zingarelli non è solo un fatto linguistico, ma un segno di identità. È il riconoscimento di un piatto che rappresenta la storia, la creatività e l’orgoglio di una terra dove la cucina continua a parlare la lingua della tradizione.